Saggezza e  stupidità



Luigi Gianoli, giornalista sportivo e ippico di riconosciuti meriti,  dava alle stampe nel 1979 uno dei suoi saggi  intitolato I nuovi  purosangue da Grundy a Sirlad,  edito  da Longanesi. Ne riporto un brano significativo:

'L'aver ridotto le distanze delle corse in Italia, nota l'americano John Aiscan, potrà avere un effetto sempre più negativo sul purosangue italiano e le corse avranno sempre meno valore indicativo ai fini della selezione del materiale (maschi e femmine)  da avviare in razza. Se l'Italia vorrà riportarsi al livello internazionale dovrà ritornare ai criteri e alle regole che sono stati alla base del suo successo perché la riduzione delle distanze delle corse è sempre stata fatale  ai paesi e alle razze in cui è stata adottata.     

L'Italia è l'unico paese che ha ridotto drasticamente le distanze senza alcuna contropartita, cioè l'esasperazione della velocità e ii suo continuo confronto con il cronometro. E' questo uno dei molti fattori che stanno portando ad uno sbilanciamento tra corse e allevamento.'

 

Dal come sono andate le cose, dal come le diverse componenti dell'ippica nazionale si sono adeguate, chi in un modo chi nell'altro, dal come si hanno sviluppato la propria filosofia, per garantirsi l'immeritata pagnotta, in ciò favorite più che costrette dai mutamenti delle società civili occidentali, devo pensare che l'istruttiva pubblicazione abbia riscosso un gradimento minimale, abbandonata negli scaffali delle librerie.

Superata la fase gloriosa  dello 'sport dei re'  e  quella non meno fortunata prodotta dalla cultura borghese l'ippica italiana avrebbe dovuto consolidare il felice momento degli anni proseguito fino agli anni '70 caratterizzati dai successi internazionali in  Inghilterra, Irlanda e Francia dei Vittadini e dei D'Alessio.  E con gli ippodromi frequentati da tanta gente animata da valori sportivi.

E' accaduto il contrario. Si è intrapresa da parte dei tanti megafoni di altrui idee sballate una campagna volta a scegliere la via opposta rispetto a quella indicata da Gianoli, l'adeguarsi di comodo all'indirizzo illusorio che prospettava i vantaggi, rivelatisi disastrosi nel breve volgere di anni, della riduzione delle distanze che fanno selezione. Fino a giungere  - caso eclatante - alla decisione che più di ogni altra stà a dimostrare l'ignoranza culturale: dimensionare distanza e percorso del derby italiano, cioè la corsa garante del rispetto del principio fondante dell'ippica, né più né meno come la sbarra metallica che dal 1799 viene custodita al Conservatoire des Arts et Métiers di Parigi è a riferimento universale della misurazione metrica. Alla riflessione si è andata sostituendo l'improvvisazione e la faciloneria dei senza cultura specifica nell'affrontare le tematiche del settore; ai prodotti dell'intelligenza quelli dell'imbecillità e della disconoscenza dei fenomeni storici e politici. Con i risultato che abbiamo sotto gli occhi: un'ippica incapace di avere un ruolo accattivante e competitivo rispetto ad altri sport com'è accaduto altrove.