Editoriale pubblicato a Firenze,  il 12 ottobre 2015, 



RIPRENDIAMOCI L’IPPICA

di Luigi Brighigna

Cari Soci vi invio un testo che ho inviato giorni fa al Presidente di Sire Pio Bruni su di un tema non trascurabile.  

Gli allievi fantini- Nel pregevole  IL PUROSANGUE,  edito nel 1936 dall’editore Bompiani,  l’autore Enrico Canti passa in rassegna le varie figure che compongono la filiera  dell’ippica dei purosangue.

Rileggendo quel testo, nel capitolo dedicato ai fantini, mi sono chiesto: esistono ancora gli allievi fantini? Dove si formano oggi e ad opera di chi o di cosa?

Agli albori della mia passione ippica, erano gli anni settanta del secolo scorso, una prova riservata agli allievi fantini compariva spesso nei programmi delle giornate di corse  nei vari ippodromi. Sarà che oggi leggo con minore attenzione la stampa ippica,  dedicando la mia curiosità più al turf internazionale, ma le corse per allievi fantini in Italia mi sfuggono.

La prima  conoscenza di un addetto ai lavori fu un tal Daniele C. caporale di scuderia con licenza di allenare che  soggiornava a Firenze durante le riunioni di corse al Visarno. A costui una famiglia originaria delle sue parti, il grossetano, aveva affidato un giovanottello, poco più che un ragazzino, che voleva apprendere la professione di fantino. Almeno provarci. Dunque a quel tempo sarebbe stato facile rispondere alla domanda odierna innescata dalla lettura del glorioso testo: l’aspirante  si formava alla scuola di un allenatore patentato, iniziando dai lavori più umili in scuderia cui si aggiungeva il tirocinio in sella.

La disciplina, quasi militaresca, selezionava i dotati,  eliminava i deboli, i non adatti o i poco disposti a sacrificarsi. Si trattava di un rapporto tra privati che dava comunque i suoi buoni risultati ed era senza costi  aggiuntivi per la collettività.  Nessuno poteva fregiarsi del titolo di professore né correva  allegro impiego di denaro pubblico.

Da allora la società civile è cambiata. Alle rigorose regole  ottocentesche, rigide sì ma produttive, si sono sostituiti, almeno nell’occidente i contorsionismi democratici, con i relativi vantaggi e le non poche pecche dovute anche alla mancanza di prospettive a lungo termine.  Sostituendosi la mano pubblica a quella privata la burocrazia con i suoi schemi miopi alimenta il disfacimento. L’ippica italiana ne è  un esempio lampante. Nel caso specifico  una scuola per allievi fantini  sorse a Pisa nel 2009, ma ha avuto  che io sappia una vita breve come quasi sempre accade laddove si dipende dai mutevoli umori della politica. 

Oggi  un giovane che dimostri  attitudine e iniziativa viene indirizzato per il tirocinio formativo all’estero dove  consegue la licenza e finisce per rimanere davanti a prospettive di carriera migliori che non quelle in Italia. Perché i jockey italiani emergono e sono apprezzati: dall’Inghilterra alla Francia, fino ad Hong Kong e al Giappone. Atzeni, i Demuro, Vargiu, Convertino, Sanna,  ecc, appartengono oramai all’elite internazionale della categoria. Come il turf statunitense si rifornisce di jockey in Cile, Venezuele, Portorico, così la vecchia Europa, e non solo, fa i suoi acquisti in Italia.

Proseguendo di questo passo una delle figure chiave  della filiera  verrà a scarseggiare  e non resterà che celebrare il funerale del turf italiano.  Voluto per insipienza e trascuratezza.

Giudico sia giunto il momento di rispolverare il coraggio, ossia invertire la rotta recuperando prassi e competenze mai rinnegate bensì ignorate da quanti per ragioni anagrafiche e non per altri  meriti hanno imposto la loro pochezza. Abbiamo corso il rischio di perdere il premio all’allevatore. I mutamenti che mancano di fondamenta ragionate e non si inseriscono in una visione prospettica di lungo periodo hanno vita breve e si dimostrano inconcludenti e frenanti.  Il panorama internazionale non consente indugi né manfrine.

Voglio ricordare un dato fin troppo ovvio: le priorità  non possono che  essere oggi quelle di sempre, ossia favorire la professionalità e coltivare la passione. Quindi privilegiare la qualità piuttosto che la quantità.

Una delle necessità da affrontare non può che essere il ripristinare la scuola per allievi fantini a Pisa  che buoni risultati ha dato, ma anche incentivare  gli allenatori professionisti che lo vogliano a  ristabilire con giovani apprendisti quel rapporto di natura privata che nel passato ha prodotto all’ippica italiana fantini eccellenti come Orsini, Caprioli, Camici, Gubellini, per citare soltanto quelli che si sarebbero affermati anche fuori dei confini nazionali. In conseguenza di ciò la programmazione nazionale dovrà distribuire nelle varie riunioni una percentuale di corse riservate agli allievi.