Come conservare onore e guadagnare rispetto

Una riunione di corse, modeste, nel pieno dell'inverno, di quelle programmate per distribuire sostentamento e qualche soddisfazione morale ai piccoli proprietari, alla scuderie secondarie.

Questi i parametri tecnici: dei 44 partenti, distribuiti in 6 corse, 27 provengono da allevamenti italiani. Ben 30 sono chiamati con nomi stranieri, solo 14 portano nome italiano.

A distanza di una settimana nello stesso ippodromo un convegno analogo, anch'esso in giorno feriale, schiera 55 partenti, dei quali 22 provenienti da  allevamento estero. 35 portano nomi non italiani.

Una prima valutazione. Tutti questi nomi in una lingua che non è la nostra, preponderanti nel numero ed eterogenei nella provenienza, non ci trasmettono nulla d'altro come le etichette  sopra una confezione del mercato.

Riconosco che dati tanto parziali non possono avere pretesa statistica, ma le mie considerazioni escludono l'esame di questo fattore. Piuttosto l'interesse è  rivolto alla perdita di quell'impostazione sistematica, di quelle regole applicate nel passato che agevolavano il riconoscimento delle origini dei purosangue, dei loro ascendenti, degli allevamenti di provenienza, delle scelte culturali operate dagli allevatori proprietari, vuoi legate al territorio vuoi al vissuto familiare, al clan. Sono i segnali che suonano da tempo come un campanello d'allarme, solo apparentemente trascurabile, innocuo. Un tempo c'era tutto quello, una disciplina formale che, in una realtà ancora senza il supporto e l'assillo del computer, costituiva e sosteneva  efficacemente l'omogeneità  di un settore garantendogli  vigore, prestigio e fortune. Non è nostalgia del passato - in quanto tale sarebbe anacronistico -   affermo la necessità di un nuovo ordine coerente ad un futuro  che non sia coloniale.

Oggi siamo alla parcellizzazione, all'improvvisazione, all'assenza di ragioni effettive, alla dissoluzione dei legami transitati al vaglio del vissuto. La mediocrità non paga, né possiede la forza per darsi un domani. I colori delle giubbe non sono più bandiere, ma folgorazioni di un momento. Ciò procura non poca amarezza.

Il fattore nomenclatura contribuì assai alla fama di Federico Tesio come allevatore. Cito il Varola: 'una delle ragioni principali per cui egli riuscì a catturare l'immaginazione di generazioni di frequentatori degli ippodromi fu proprio il fatto che chiamava tutti i suoi cavalli, senza eccezioni,  con nomi di artisti delle cosiddette arti figurative, soprattutto pittori, scultori, architetti ........' Apelle, Bistolfi, Braque, Donatello II, El Greco, Marguerite Vernaut, Michelangiolo, Navarro, Nearco, Ribot, Scopas, Van Dick, tanto per citarne alcuni, e un'infinità di altri. Verosimilmente tale predilezione va ricondotta al talento per la pittura che fu uno degli hobby del Maestro.

Nel passato l'accorgimento di imporre la stessa lettera iniziale della madre ai figli foals fu molto utile. Oggi questa regola è poco seguita, ma aveva il sapore dell'affetto e il profumo dell'eleganza.

La scelta monotematica non fu certo un'esclusiva del solo Tesio, anzi è stata in passato una diffusa consuetudine adottata sia  dai grandi complessi come da quelli di dimensioni ridotte o piccole: espressione di legami territoriali, di tradizione familiare, di attività professionali, ecc.  Gli orientamenti mai erano casuali ma studiati. Cito a caso: la famiglia Mantovani, titolare della scuderia Mantova, si orientò sui termini veneti; Ettore Tagliabue  fece riferimento ai prodotti nel campo della cosmesi, sua fortunata attività commerciale; i Conti Tolomei titolari della Razza Pescaia legarono i loro puledri a località e altre realtà geografiche dei loro possedimenti nel grossetano; la Razza Oldaniga orientò la scelta su piante e fiori; il de Montel, la cui accesa ma leale rivalità con Tesio costituì uno dei motivi propulsori per il progresso dell'ippica italiana e fa storia, volle legarsi alle realtà territoriali della Brianza; la Razza di Vedano trasse l'ispirazione da battaglie e condottieri; la scuderia Aterno scelse i paesi dell'Abruzzo.

In ogni caso tutti i nomi avevano richiami oggettivi, erano tutti facili da leggersi e da ricordare per gli appassionati che ne seguivano le imprese sportive. Rispondevano, quegli orientamenti, a sentimenti di orgoglio linguistico senza essere contagiati da sciovinismo di alcun genere. In sintesi la dignità nel consesso internazionale dell'ippica si conquista anche con queste scelte ragionate.