Mac Mahon

 

Mac Mahon, (Ramonti e Miss Sultin da Celtic Swing) il vincitore del Derby italiano di galoppo 2017, ci  era sembrato un  soggetto di buon livello,  con le potenzialità giuste per  non sfigurare  in un contesto internazionale di gruppo.

Aveva dominato la corsa romana nelle capaci mani di Dario Vargiu. Ci siamo dovuti ricredere.

Al primo impegno fuori dei confini nazionali la realtà è apparsa altra e ci obbliga a prendere consapevolezza che l'allevamento nostrano di purosangue non è interessato alla produzione di animali classici professionali quanto piuttosto a soggetti di mediocre brillantezza e del tutto carenti di stamina. Mi riferisco ai battuti a Capannelle dal buon puledro allevato da Massimiliano Porcelli. Ciò è il frutto di politiche allevatorie errate, di competenze mediocri, delle diffuse passioni sportive fasulle che hanno caratterizzato gli ultimi decenni: conseguenza inevitabile da quando alcuni sciagurati farlocchi indicarono la via futura dell'ippica mondiale nella riduzione della distanza classica al doppio chilometro, trovando subito l'entusiasmo dei mediocri sempre pronti ad accodarsi: in Italia qualsiasi 'bischerata' trova compiacenti venalmente interessati. L'aver ottenuto la distanza né carne né pesce del nostro Derby fu allora spacciato da costoro come un successo, un traguardo rivolto a  mantenere, si scrisse, la qualifica di Gruppo uno. Era un seme venefico di cui sopportiamo oggi tutte le conseguenze negative.  

Costoro, i modernisti, meritano l'ostracismo per la loro incompetenza. Oggi la classicità è  rivalutata, sollecitata e supportata a livello di organismi ippici internazionali, ma  non da noi. E sappiamo perché. 

Rivendichiamo con decisione un ritorno ai fondamentali: inderogabilmente il Derby Italiano dev'essere ripristinato nel percorso  e nella distanza originari, altrimenti perde la sua ragion d'essere il fattore di giudizio e confronto tra generazioni. Sarà solo l'inizio della svolta.  E se qualcuno non lo ha ancora capito che si dedichi al palio dei ciuchi.