Ippodromi e società concessionarie

Gli ippodromi storici per le corse di purosangue al galoppo sorsero per  lo più in aree concesse allo scopo specifico da famiglie nobili o comunque ricche  mediante legati legali che ne condizionavano l'impiego al solo fine delle competizioni suddette.  Così a Firenze  la famiglia Pazzi  per l'area del Visarno,  così per l'Ardenza di Livorno ad opera della famiglia Cave-Bondi.

Ma i legati, di norma schedati in archivi pubblici o privati, sono documenti inopportuni quando la dinamica della storia lo richiede. Possono scomparire, per molteplici motivi: incuria, distrazione del responsabile dell'ufficio, collezionismo pirata,  scambio di numeri di catalogo, fino a sbriciolarsi facilmente per  certe volontà  prive di scrupoli. Già, quando intralciano i piani  non sono mai esistiti.

Ciò premesso, le amministrazioni pubbliche divenute proprietarie attuali di quelle vaste aree bandiscono gare di concessione per l'uso dei singoli impianti sportivi ad opera di società di capitale privato aspiranti alla gestione delle corse di cavalli. Tale attività  da svolgersi con il supporto finanziario e tecnico e sotto il controllo di strutture ministeriali coinvolte, vedi UNIRE o come diavolo si chiama oggi il dipartimento apposito del MAF. E' quest'ultima struttura che finanzia  l'ammontare dei premi per ciascun ippodromo, con i dovuti e vergognosi ritardi propri  della insensibilità dell'amministrazione centrale dello Stato repubblicano, primo responsabile in Italia del declino dell'ippica.

 

Sulle spalle del concessionario pesano le spese correnti, in altre parole il piano aziendale: la cura (decoro) dell'intero impianto,  i compensi dei dipendenti, dirigenti, funzionari, maestranze, funzionari di nomina centrale (UNIRE) per i dovuti controlli, ecc. Poi ci sono o sarebbero gli utili societari,  la ragione di vita della azienda, che nessuno altrimenti si sarebbe sognato di realizzare per rimetterci. 

La primaria finalità dell'impianto è rivolta all'attività ippica in generale, anche se al presente sempre più spesso manifestazioni canore di massa, i maledetti concertoni barbari, trovano negli ippodromi - ribattezzati sul malvezzo estero Arene - gli spazi più confacenti. Un altro impiego per introitare altro denaro sul bilancio aziendale.

 

L'azienda privata nasce dall'unione di competenza, passione, volontà e sostegno finanziario laddove la società civile evidenzia un vuoto che può essere colmato facendo affidamento sui requisiti citati.  La beneficienza  non alberga qui, semmai giace. Gli imprenditori, che pure possono avere il merito di creare posti di lavoro,  non possono considerare lo Stato centrale come una mucca da mungere per  mantenere aziende insolventi, nella fattispecie ippiche, che nel loro DNA mancano o hanno mancato di quei requisiti. Li ripeto per i distratti: competenza, passione, volontà e sostegno finanziario.  Sento piuttosto lo spiacevole odore del voto di scambio.

L'ippica italiana non è stata ridotta al lumicino solo per caso. La società ippica che non riesce a pagare al Comune proprietario quella cifra con cui ha ottenuto la concessione rispetto ad altre concorrenti è giusto che lasci; non pretenda elemosine né vanti meriti inesistenti.

Così  Hippogroup a Roma pagherà l'infamia di aver  estirpato il Derby dalla sua naturale sequenza storica,  giustificandosi con l'aver seguito nella  decisione l'esempio dell'ippica francese. Fior di esperti, autentici somari, si mobilitarono pubblicando elzeviri a favore della lodevole (sic) iniziativa. Sono ancora al pezzo i chiacchieroni e perseverano a nulla capire.

Torino trotto ha chiuso i cancelli. Dispiace, ma per la futura salute dell'ippica un caloroso "Evviva!" Seguitelo fratelli.

 

A  San Siro galoppo il Derby italiano a 2400 m, il Milano sui 3000 m. e le altre pattern. A Pisa San Rossore un maggiore impegno in un programma rivolto agli intermediate.  Sarà dura, ma per ricominciare la risalita e discriminare  i meriti.