Vittorio ha visto un cartello messo nei bagni di un ippodromo – dice di non gettare i biglietti delle scommesse nel water, chè intasano le condutture.
L'ha fotografato e me l'ha spedito con un whatsapp.
Il motivo prevalente per cui Vittorio va alle corse non l'ho mai saputo per certo. Gli piacciono i cavalli, sicuro. Poi adora la gente dei cavalli, moltissimo. E ama anche il gioco, l'azzardo. Però non l'ho mai visto sacramentare per una sconfitta, né di un suo cavallo né tantomeno di un ronzino su cui aveva scommesso: immagino che quel cartello non sia rivolto ai tipi come lui, i giocatori che sanno perdere con grazia, una qualità che ho imparato ad amare.
No, non me lo vedo che getta il biglietto perdente nella tazza del cesso.
Mi viene in mente Luigi, un altro che non lo farebbe mai.
Se fanno il Campionato del Mondo della Sportività Luigi sarà uno dei favoriti.
Una volta andò verso nord per l'estate, seguendo i meetings internazionali del galoppo. A Deauville perse, scherzandoci sopra con gli amici: tanto, poi andremo a Goodwood –rideva- e là vi farò vedere, ho un vincente sicuro nel Gruppo Uno! Sbarcato in Inghilterra, gli fecero vuotare il sacco: il cavallo di cui menava vanto era una femmina che correva le Nassau Stakes, nientemeno che la fenomenale Sariska.
Luigi, come ogni giocatore (e fanfarone) che si rispetti, ostentava certezze e già quasi esultava prima della partenza della corsa.
Beh, Sariska non usci dalle gabbie. Non pensate a nulla di poco regolare. Semplicemente, quando le gabbie scattarono, la cavalla restò immobile, come paralizzata.
Non chiedetemi quanto spesso accade nelle corse importanti, perché semplicemente non è successo mai. Mai neanche un'altra volta.
Ora molti di noi, al posto di Luigi, avrebbero imprecato, maledetto la cavalla e la sorte: lui, no. Lui –freddissimo, rapido, ironico- alzò il telefonino, per immortalare l'immagine di quell'attimo, la sfiga suprema.
Quando al suo ritorno me lo raccontò, non riusciva a non riderci sopra. Così a Natale gli regalai una stampa di Sariska, trovata su un sito web inglese: ne fu entusiasta e da allora troneggia nel suo salotto.
Che classe. Bisogna saper perdere, diceva la canzone.
Una volta vidi Luigi che alle corse teneva banco in un capannello di scommettitori. Spiegava che, per godere delle corse, ciò che non deve proprio succedere è di prendere una puntata. Che poi ti tocca passare al ritiro dal bookmaker o al totalizzatore: restituisci il biglietto, ti danno in cambio delle banconote, è finita lì.
Se invece perdi, e tanto meglio se in modo rocambolesco, viene il divertimento vero: quello di discutere con gli amici raccontando le proprie disavventure, tirando fuori i luoghi comuni sui cavalli che fanno bugiardo anche il più sincero degli appassionati, facendosi prendere in giro e ingaggiando una gara di ironia con gli altri scommettitori, provocandoli, rilanciando in battute fino al momento della corsa successiva, o almeno finchè i cavalli riappariranno al tondino, a catturare l'attenzione di tutti.
In caso di Campionato del Mondo della Sportività, però, Luigi potrebbe pure essere battuto.
Perché mi sono ricordato di un tale che conobbi più di 40 anni fa.
Ero in Irlanda col mio papà, e fummo invitati a visitare un allevamento dove c'era uno stallone allora popolare –di cui non ricordo il nome, ma l'immagine ce l'ho ancora in testa, era un sauro tutto rotondo nelle forme, piccolo, sicuramente un velocista.
L'allevamento era di un industriale americano, magnate delle cerniere lampo –RiRi, le conoscerete tutti-. L'americano parlava di cavalli e affari, non la finiva più, e a me scappava la pipì.
Per cui mi defilai e chiesi a un ragazzo che passava dove avrei potuto trovare un bagno: quello mi rispose che ce ne era uno nelle scuderie, ma che mi sarebbe piaciuto molto di più andare nel bagno della casa padronale, la toilette più costosa del mondo.
Mentre mi avviavo, pensai che fosse pazzo.
Invece aveva ragione: il bagno lo aveva "arredato" lui, incollando sulla carta da parati (uno per uno) tutti i biglietti delle scommesse perse sui cavalli nella sua vita, che aveva conservato. Non li aveva mica gettati nello scarico, lui.
Il ragazzo era il figlio dell'industriale americano ma viveva in Inghilterra, dove faceva il banditore d'asta a Sotheby's. Di conseguenza andava alle corse inglesi, dove i biglietti sono coloratissimi, spesso sono cartoncini con sopra il nome del bookmaker che li ha emessi.
Il bagno, credetemi, era spettacolare. E non ci possono essere dubbi che l'affermazione fosse sacrosanta, come immaginare una tappezzeria pagata più a caro prezzo di quella là?
Le pareti non erano manco completate, c'era posto per tantissime scommesse ancora da perdere e da godere, nel futuro prossimo e in quello remoto.
Tornai da papà e gli suggerii di andare subito a fare pipì anche lui. Il tipo notò la cosa, e si capiva bene che ne era contento, e orgoglioso.
Se è ancora in giro, quel Campionato del Mondo potrebbe vincerlo lui.
Perciò alla fine questo breve racconto torna là dove era cominciato, in un bagno.
Quello che volevo dire è: non è mica un problema idraulico, il cartello che ha visto Vittorio parla del voler bene alle corse, quando si vince e ancora di più quando si perde.